mercoledì 31 luglio 2013

Recensione su Nobody (Numero 10 de Le Storie Bonelli)



Dopo “Il Lato oscuro della Luna” (numero 5 de “Le Storie”) ecco un’altra bellissima storia abilmente scritta da Alessandro Bilotta. 114 pagine che si leggono tutte d’un fiato. Una storia che coinvolge il lettore, lo trascina nelle avventure e nelle tempeste in pieno oceano popolato da mostri marini enormi e spietate sirene.

La trama racconta di Nobody, un marinaio senza nome né genitori che in passato ha fatto parte della gloriosa flotta di sir Harry Burrard-Neale. Egli è ritenuto da tutti un pazzo vaneggiante il quale, seguendo le indicazioni di un moribondo trovato disperso in mare, decide di intraprendere un lungo viaggio per recuperare sua moglie Molly, rapita due anni prima dal terribile pirata Ahriman.

Questa sceneggiatura, riporta alla mente vecchi racconti e storie di ragazzi che hanno fatto la storia della letteratura.
Lo stesso protagonista, Nobody, che veste alla perfezione i panni dell’amato Ulisse di Omero, Sandokan “La Tigre della Malesia”, Janex de Gomera, personaggio della mente dello scrittore Emilio Salgari, amico fedele di Sandokan nel ciclo romanzesco de “I Pirati della Malesia”, che viene abilmente disegnato da Vitrano, il quale attraverso il suo tratto riesce quasi a farci immaginare il volto di Philippe Leroy, attore che interpretava Yanez nello sceneggiato televisivo del 1976 “Sandokan”. Infine troviamo il Principe Dakkar, che, se non ricordo male, sarebbe l’alter-ego indiano del Capitano Nemo (nobile polacco).

Durante il racconto, si è come rapiti dal personaggio di Nobody; mentre si legge l’albo viene da chiedersi “Ma è vero ciò che dice?” o “Riuscirà a trovare sua moglie Molly?”.
La vita di un pirata è movimentata, in generale, ma quella di Nobody è assolutamente e freneticamente senza senso e fino alla fine della storia non c’è nessun elemento che ci aiuti a indovinare quale possa essere la conclusione di questa avventura.
Solo a pagina 77, Bilotta lascia trapelare qualcosa e alla fine, ci fa scoprire che l’amata Molly non è stata rapita da Ahriman, ma che in realtà lei lo ha sposato ed ha avuto una figlia, che Nobody vedeva nelle sue visioni, convinto che fosse sua.

Quando Nobody si rende conto di quale sia la verità che nascondeva dentro la sua mente, mette una certa tristezza questo finale. Consumarsi eternamente in ricordi che dovrebbero essere seppelliti, aggrapparsi costantemente ad una speranza inesistente è un vano ed inutile tentativo di correggere le situazioni spiacevoli della nostra vita. Nobody credeva di avere questo potere, ma alla fine capisce di essere un figlio del mare non del mondo.

Bellissimi i disegni di Vitrano dal porto avvolto nella nebbia al mare in tempesta, il suo tratto ha perfettamente accompagnato il ritmo della storia.


P.S.:  Una nota simpatica che probabilmente ho notato solo io. Il nome del personaggio le cui gambe vengono divorate dai pescecani, è Barleycorn (in italiano Giovanni Chicco D’Orzo), che nel gergo americano è la personificazione del whisky e della birra, prodotti ricavati dall’orzo (in inglese Barley). Infatti Nobody, dopo aver scoperto il suo nome dice: “Barleycorn, l’ubriacone?”.


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